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Chiesa
di S. Margherita (1342)
Era
una delle più ricche chiese di Sciacca. Gli anziani raccontano
che il suo pavimento di maiolica veniva lavato ogni anno con
il moscato. È
chiusa al culto e completamente abbandonata dal 1907. Fu fondata
nel 1342 da Eleonora d'Aragona, nipote di Federico III d'Aragona
e moglie di Guglielmo Peralta, conte di Caltabellotta e capitano
a guerra di Sciacca, che fu uno dei quattro vicari del regno
di Sicilia al tempo della regina Maria. Verso il 1350 venne
concessa ai Cavalieri Teutonici, che vi annerissero il loro
Ospizio o Grancia, che avevano stabilito pochi anni prima nella
vicina chiesetta di S. Gerlando (Ciaccio). Soppresso
l'Ospizio, nel 1390 la chiesa fu aggregata alla chiesa della
Magione di Palermo al cui regio abate era soggetta. Fu completamente
trasformata e ampliata nel 1594, avendo il ricco mercante catalano
Antonio Pardo destinato, con testamento del 14 febbraio 1393,
metà del suo patrimonio a beneficio della chiesa della quale,
a giusto titolo, è considerato secondo fondatore. Tracce della
prima chiesa, che è inglobata nella seconda, sono visibili all'esterno
nei muri perimetrali, specialmente nel lato meridionale.
Una visione globale dell'edificio si può avere da piazza del
Carmine. Isolata da tre lati, la chiesa si delinea nettamente
come un blocco geometrico dalle piatte superfici animate da
ampie finestre e due portali, mentre le paraste angolari e le
possente trabeazione in fulva pietra
conchigliare locale, come le mostre delle finestre, sottolineano
la geometria delle forme. Chiude
l'alzato un aggettante poderoso cornicione lapideo, sostenuto
da una serie continua di modiglioni finemente intagliati, dal
quale sporgono, come bocche da fuoco, 10 pesanti gronde di pietra.
(Su due modiglioni angolari del cornicione rinascimentale è
incisa la data 1594). Sulla facciata principale, che è rivolta
a occidente,notevole è l'originario portale,in stile gotico-catalano,
caratterizzato, al vertice, da un fiorone e ai lati, dadue pilastri
ottagonali, posti quasi come
contrafforti della triplice
ghiera a bastoni che
continuano nei piedritti.
Un altro portale, di marmo bianco, eseguito nel 1468, che recenti
studi assegnano documentalmente a Francesco Laurana e aiuti,
impreziosisce con la finezza dei suoi rilievi scultorii il lato
settentrionale della chiesa che prospetta sulla via Incisa ed
è continua meta di visitatori specialmente stranieri. Questo
portale, quasi certamente, apparteneva alla prima chiesa fondata
da Eleonora d'Aragona e fu poi adattato alla seconda. Da un
sommario esame salta agli occhi, la discordanza stilistica tra
l'arco inflesso del fastigio, che è gotico, e l'arco della lunetta
che è rinascimentale. L'arco rinascimentale è un'aggiunta posteriore
(in origine circoscriveva la lunetta l'arco inflesso) e il suo
inserimento tra l'arco inflesso e l'architrave ha determinato
lo spostamento dei due pilastrini e l'aggiunta di lastre di
marmo tra pilastrini e stipiti del portale.
Le sculture all'interno della lunetta stilisticamente sembrano
uguali a quelle del fastigio e a quelle dei pilastrini e degli
stipiti che sono di pure forme gotiche come i vari motivi decorativi.
Da notare alla base dell'edificio, sul lato della via Incisa,
le lunghe panchine di pietra che corrono ai lati del portale
per comodità dei passanti. Esse ricordano quelle di vari palazzi
rinascimentali fiorentini (palazzo Rucellai in via della Vigna
Nuova, palazzo Bartolini in piazza S. Trinità, palazzo Strozzi
in via Tornabuoni, palazzo dei Medici in via Cavour, palazzo
Condi in piazza S. Firenze ecc.).
L'Interno
L'interno
è
una festa di colori: di oro ,di stucchi e di grandi bei quadri;
ove si celebravano splendide funzioni solenni, che io fanciullo
miravo con rapito stupore (I. Scaturro). Entrando in
chiesa, si è subito attratti dalla magnificenza della decorazione
barocca. Stupefacente è specialmente la decorazione del presbiterio
e del transetto eseguita da Orazio Ferraro, rinomato stuccatore
siciliano del Seicento. Angeli, santi, putti in stucco, medaglioni,
volute, rabeschi, festoni, ghirigori coprono tutte le superfici.
Nessun vuoto, nessun angolo privo di un motivo ornamentale.
Le pareti laterali del presbiterio sono occupate da due affreschi
di grandi proporzioni. Raffigurano, quello a sinistra (oggi
illeggibile, la Crocifissione, l'altro, a destra, la Madonna
dell'Itria. Sono di Orazio Ferraro, che, oltre che scultore,
fu anche pittore. Una serie di medaglioni, raffiguranti episodi
della Via Crucis, opera di Giovanni Portaluni orna l'intradosso
dell'Arco Trionfale. Anche nel transetto angeli e puttini in
stucco del Ferraro, disposti in vari atteggiamenti, formano
un insieme ricco e fastoso. Movimentata una SS. Trinità tra
un coro di santi e angeli e non priva di delicatezza una
Annunciazione alla Vergine che indubbiamente è il lavoro
più interessante del Ferraro in questa chiesa. Rozzamente modellato
appare invece un Adamo gigantesco collocato a sinistra dell'Annunciazione.
Sempre nel transetto sono inoltre due quadroni, Adorazione dei
Magi e Nascita di Gesù di Gaspare Testone e un sarcofago con
iscrizione latina, recante la data 1602, nel quale sono conservate
le ceneri di Antonio Pardo che prima erano nella vicina chiesa
di S. Gerlando. Passando dal transetto alla navata, la decorazione
si attenua, la plastica dello stucco si appiattisce, le statue
a tutto tondo cedono il posto a figure di minore rilievo. Qui,
sulle pareti spaziose sono sei grandi quadri, dipinti a olio,
del celebre
pittore
licatese Giovanni Portaluni. Essi, come risulta da un atto del
S dicembre 1629, conservato nell'Archivio Notarile di Sciacca,
misurano ciascuno 15 palmi di altizza e dieci di larghizza
e rappresentano: il primo (da destra) Il martirio di S. Oliva,
il secondo L'adorazione della Croce con tutto il populo, S.
Elena e Costantino, il terzo La liberazione della peste con
l'intercessione della Maddalena, S. Calogero e S. Rosalia, il
quarto S. Ignazio, S. Francesco Saverio, S. Isidoro, S. Theresia
e S. Filippo Nerio e di sopra la Madonna con il trono celeste,
il quinto S. Gerlando, il sesto martirio di S. Barbara. (Nel
quadro raffigurante S. GERLANDO,
alla destra
del Santo che distribuisce il pane ai poveri, è ritratto Antonio
Pardo, il munifico benefattore della chiesa). Dello stesso pittore
sono tabelli e tabelloni quadri cioè di minori dimensioni, che
si trovano sotto e sopra i sei quadroni di cui si è detto e
che rappresentano episodi della vita e miracoli dei vari santi
raffigurati, nonchédi altri puntualmente descritti nel
documento citato.
Gran parte di detti dipinti, purtroppo, sono stati rovinati
dall'umidità e dalle piogge, non essendosi provveduto tempestivamente
alla riparazione dei tetti. AI centro del soffitto a cassettoni
è una tela di buona mano e in buono stato di conservazione,
raffigurante L'Immacolata, di cui si ignora l'autore. Sul lato
destro della navata è l'unica cappella della chiesa ed
è dedicata a S. Barbara. Qui si trova una icona marmorea dallo
schema compositivo simile a quello della icona di A. Gagini
che si trova nella Chiesa Madre. Raffigura in vari scomparti
episodi della vita di S. Margherita, della quale, al centro,
è una statua a tutto tondo. L'opera è di Giuliano Mancino e
di Bartolomeo Birrittaro, scultori carraresi operanti nel 'S00
a Palermo. Nella stessa cappella si trova anche una bella tela
di Michele Blasco, pittore saccense del'600. Rappresenta l'invenzione
del corpo di S. Stefano ed è interessante esempio dell'arte
di questo pittore che nella violenza delle tonalità e nell'oscuro
marcato delle ombre ci fa vedere chiaramente la sua derivazione
dall'arte tenebrosa che il Caravaggio prima introdusse in Sicilia
e che Pietro Novelli largamente diffuse nell'isola. Anche gli
altri dipinti, affreschi della volta e tele sulle pareti (in
alto) sono del Blasco e furono eseguiti nel 16S8. Per completare
questa sommaria descrizione della chiesa di S. Margherita, ricordiamo
il grandioso tabernacolo ligneo, dentro il quale è collocato
l'organo che G.
La Grassa realizzò nel 1872, e, infine, il soffitto a cassettoni
in legno dorato, eseguito nel 1630 dal saccense Antonio Mordino,
che determina un'atmosfera di sfarzo che stranamente contrasta
con il senso di abbandono che spira da ogni parte. Vari dipinti
su tela, tra i quali i ritratti del Cardinale Doria, di don
Giovanni d'Austria, figlio naturale di Carlo V, che, come è
noto, fu capitano generale della flotta cristiana alla battaglia
di Lepanto, di Antonio Pardo, secondo fondatore della chiesa,
e della sua consorte, si trovano attualmente in sagrestia dove
provvisoriamente sono pure le statue in legno dorato di S. Margherita
e di S. Barbara che in origine erano collocate, la prima sull'altare
maggiore e la seconda nella cappella omonima.
Tratto dal libro "Sciacca Terme - Guida Turistica di Salvatore
Cantone"
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